L'archittetura sottoposta alla natura in Piazzale della Pace; a destra (invisibile ormai sulla foto) il Palazzo della Pilotta. |
Visitare i posti è
difficile e divertente. Saper scoprire i luoghi visitati è una capacità
stranamente complicata, per essere in grado di camminare per tutta la città
guardando tutto senza vedere veramente
niente. È divertente andare da una parte e , guardando intorno, rendersi
conto che probabilmente sei l’unico turista. Sarà un po’ come con
un’affermazione: “vai alla mia città natale? Perché? Là non c’è niente.” E la
gita comincia ad essere più interessante quando quel „niente” inizia a prendere
forma.
Piccola Parigi improporzionale
Parma non è
proporzionale. All’inizio raggiungiamo
il Piazzale della Pace, che a prima vista assomiglia ad un largo giardinetto
pubblico in Gran Bretagna. Là troviamo un monumento a Giuseppe Verdi, intorno a
cui stanno seduti gli abitanti, prendendo il sole e sfruttando una giornata
libera. Decidiamo a prendere un sole primaverile anche noi e persino chiediamo
ad un passante di farci una foto. Quello finisce in fretta il suo primo gelato della
stagione e ci fa una foto con una faccia
“vai alla mia città natale? Perché? Là non c’è niente.” Al piazzale si trova
anche il Palazzo della Pilotta. Attraverso il cortile ed i portici che lo
proteggono, seguendo il suono della fisarmonica. Mi immagino una scoperta
incredibile, la quale alla fine si rivela un suonatore ambulante. Il suono
della fisarmonica, non so perché, mi fa pensare alla bohème parigina. Non so in
quanto sia vero, visto che non sono mai stata a Parigi, però siccome Parma
viene chiamata “una piccola Parigi”, può essere che la magia dei suoni della
fisarmonica funziona anche là. Il Palazzo della Pilotta fu costruito da
Francesco Paciotta nel 1583 per il duca Ottavio Farnese e doveva ospitare, tra
l’altro, il teatro e le sale d’armi. Oggi, nel palazzo, oltre al Teatro Farnese
si trovano il Museo Archeologico, la Biblioteca Palatina e l’Istituto d’Arte.
Parma non è
proporzionale perché dalle superfici larghi entriamo nelle vie strette strette
che ci conducono alle piazze ugualmente strette. In una di quelle è collocato
il Duomo (in cui troveremo tra l’altro gli affreschi di Antonio da Correggio)
insieme ad un enorme battistero. Le superfici larghe favoriscono una buona
comprensione di quello che stiamo guardando, e per questo per apprezzare
veramente la bellezza di quegli edifici, meglio farsi una sosta. Vista poca
quantità dei metri quadri liberi nella piazza, per veder bene sia il duomo sia
il battistero bisogna allontanarsi di pochi passi e lasciarsi riflettere. È
bello. I raggi del sole riflettevano sulla facciata del battistero così che il
vero colore (rosa) di essa l’ho notato appena guardavo le foto.
Caffè e viola del
pensiero
Vogliamo prendere
un caffè al Pepèn, dove si dice che la caffeina servita sia quella
scquisitissima. Pepèn è famoso anche dei suoi panini, il che risulta una
verità, visto che i clienti affamati li godono seduti sul marciapiede lungo
tutta la via Borgo Sant’Ambrogio. Il locale stesso è strapieno, e la fila al
bancone ha 10 ramificazioni e gli ultimi clienti stanno proprio vicino a noi,
ormai sulla strada. Ci accontentiamo della sola vista, decidiamo di ritornarci
la prossima volta ed il caffé lo beviamo da altra parte.
Non so se sia Venezia a provacare in me certe preferenze ma sono una feticista dei ponti nelle città (se questo è possibile). Adoro i ponti. Se nella città che visito c’è un fiume o un lago, ci devo essere. Ci rechiamo dunque verso il ponte Verdi e incontriamo una vista piuttosto triste. Le rive grigio-marroni di un fiume abbastanza rovinoso di colore sabbia. Dediciamo però di raggiungere l’altro lato della città, dove ormai ci aspettavano i giardini ducali. Giù, sulla riva, qualcuno gettava un bastone al cane, l’acqua scroscia, e sotto il lampione sul ponte fioriscono le viole del pensiero sopra le quali stanno attaccati i lucchetti d’amore.
Carabinieri nel
Palazzo Ducale
I giardini ducali
fanno parte della vecchia residenza ducale, ed ora svolgono il ruolo del parco
pubblico. Lì, similmente come sul ponte, il verde dell’erba, ancora oscurato dall’atmosfera
invernale, piano piano si risveglia riscaldato dai primi raggi del sole.
Passiamo accanto ad una gita scolastica ed ai ragazzi annoiati dai racconti del
guida, per i quali noi sembriamo l’unico divertimento. Ci guardano sorpresi, e
quando comincio a fare le foto, loro ci salutano con i gesti. A destra
dall’entrata al parco, dietro gli alberi spunta il Palazzo Ducale insieme alle
statue situate in fila di fronte al palazzo. L’edificio fu costruito anche
nella seconda metà del XVI per la famiglia Farnese, e oggigiorno (qua mi sorprendo)
è la sede del Comando Provinciale dei carabinieri.
In parco ci
lasciamo al dolce far niente, similmente agli altri abitanti di Parma, alcuni
sulle panchine, altri sdraiati sulle coperte sull’erba, creando un collage
colorato dei giubotti ancora invernali e della pelle pallida, desiderata del
sole. Qualcuno sdraiato nel collage delle coperte sul prato grida a qualcuno
sulla panchina, e quello scuote le spalle. „C’è il sole e non sento, c’è il
vento e non vedo”, risponde, gridando.
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