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15 giu 2015

Un pensiero che viene ballato



La notte era calda, ma non afosa. Il vento è cessato, e l’unico soffio d’aria che veniva contro la mia faccia, con delicatezza, era quello messo in moto durante la marcia. Il silenzio che ci circondava sembrava assumere la forma di una nebbia densa in cui entravamo con ogni passo. Le nostre parole risuonavano con l’eco tra i canali. L’unica anima viva che si è fatta vedere da lontano è stato un gatto seduto vicino ad un palazzo a guardarci. Un attimo dopo abbiamo sentito i primi frastuoni delle conversazioni e delle posate e dei piatti messi in ordine. I piccoli ristoranti stavano piano piano chiudendo. I camerieri portavano dentro le sedie ed i tavoli. Alcuni ci salutavano con un gesto, altri nemmeno si facevano caso della nostra presenza. Qualcuno nel palazzo accanto ha aperto una finestra. Abbiamo attraversato un ponte e sottoportego ed alle nostre orecchie sono cominciate ad arrivare le prime linee melodiche, le quali con ogni passo diventavano più comprensibili. Poco dopo siamo arrivati in Campo San Giacomo e la musica è diventata chiarissima. La notte era eccezionalmente buia e nonostante i lampioni accesi, i contorni delle persone che si trovavano in mezzo del campo sembravano indistinte. Tutte le coppie parevano scivolare delicatamente sul lastrico veneziano, i movimenti di alcuni erano più sciolti, degli altri invece di meno. Alle nostre orecchie arrivavano le risate allegre e un ritmo deciso e un po’ nostalgico del tango. Quasi stavo dimenticando com’è bello ballare.