25 apr 2015

La vampa del sole d'agosto


Anche se siamo arrivati di mattina, il sole ormai era abbastanza forte. Stavo su un asfalto bollente del parccheggio cercando un po’ di ombra. Mi sono pentita di non aver portato delle altre scarpe, più coperte. Nonostante i soffi delicati del vento, anche camminando sentivo come il sole mi abbronzava le braccia ed i piedi fino alla rossezza. Proseguivamo per le scale di pietra in alto verso il centro della città, il quale sembrava guardarci dall’alto. Stava lì pesante, resistente al caldo, spuntando piano piano davanti ai nostri occhi dagli angoli. Gli edifici alti, collocati stabilmente sulle scarpate sembravano aderire ad esse così solidamente come se da sempre fossero un’unica cosa. Come se quelle rocce ripide si fossero consapevolmente lasciate sottomettere all’uomo perché quello avesse potuto costruirci le propre case.


Folla rumorosa e statuette oscene


È difficile trovare le città di mare bel situate che non siano consumate dal turismo e nello stesso tempo da esso vengano mantenute. Per strada passiamo accanto alle bancarelle, ai negozi con i souvenir e con gli alimenti locali. Vicino alle fontane pubbliche si formano le file dei passanti desiderosi di una rinfrescata. I peperoncini rossi brillano al sole insieme alle cipolle, qualcuno ci ferma e ci chiede se non abbiamo voglia di fare una crociera, visto che da un porto vicino circolano le navi turistiche che portano i viaggiatori alle Isole Eolie. Gli ringraziamo, forse un'altra volta. Il centro di Tropea durante il giorno è un agglomeramento di folla rumorosa degli abitanti locali e dei turisti. Alcuni vogliono vendere qualcosa a qualcuno, altri, in un impeto di visitare vogliono entrare in ogni negozio per poi portare con sé una grossa borsa piena di alimentari e  brocchette e bracciali  comprati alle bancarelle. Ed ancora altri semplicemente corrono storditi dal calore verso le spiagge.


Ci fermiano vicino ad un negozio di ceramica, e la donna  dietro il bancone ci sorride e ci dice di guardare dentro un cassetto nascosto dietro una grande maschera. Ci guardiamo, e dentro vediamo i prodotti ( suppongo artigianali, fatti da lei) a forma dei genitali maschili. La signora era tutta contenta dallo scherzo osceno che ci aveva fatto, e la propria gioia è aumentata ancora di più quando la signora ha notato un gruppo di adolescenti che davano un’occhiata al di dietro dalle nostre spalle. 


Chiesa su un'isola e la forma della costa di Tropea


Arriviamo al punto panoramico, dal quale si estende una vista sulla costa e una falesia pittoresca che è diventata lo sfondo di numerose fotografie scattate in quel momento. Ai piedi della costa invece c’è collocato la più famosa costruzione di Tropea, ovvero la Chiesa di Santa Maria dell’Isola, costruita su un alto sollevamento del terreno alla fine della costa e per questo sembra di essere situata su un’isola. Invece le spiagge sono bucate densamente dagli ombrelloni come dagli stuzzicadenti, i quali si piegano sui lati tirate dal vento del mare.


Un sentiero simile che seguivamo salendo verso il centro, poi abbiamo intrapreso  mentre scendevamo di nuovo verso la costa. Il sole di agosto non la dà vinta nemmeno all’ombra, e quando arriviamo in spiaggia mi sento come se camminassi tutta la giornata nel deserto. La discesa al mare è piana, una sabbia fine ci copre delicatamente i piedi e permette di affondarci verso le onde. Grazie alla forma della costa, la spiaggia è larga, e l’acqua per alcuni metri rimane abbastanza bassa, però le onde che si formano sono abbastanza forti per farti allontanare velocemente dalla riva. Andavamo così alla deriva per un attimo, stancati dal sole che anche di un tardo pomeriggio non perdeva la propria forza.

Tartufo, Bonaparte e terra focosa


Al ritorno ci siamo fermati a Pizzo per addentare il famoso tartufo. Un cane, sdraiato su uno dei balconi ci guarda pigramente, come se fosse nello stato di dormiveglia. Anche lui sembra stancato dal calore. Oltre al tartufo, a Pizzo ci è capitato un bel tramonto con una vista al porto, ed il Castello Murat, il quale, come ho scoperto dopo, il proprio nome deve ad un prigioniero in esso una volta trattenuto, ovvero a Gioacchino Murat, il re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte.



Le notti calabresi sono tranquille e quasi appesantite. La terra sembra riprendere il fiato dopo un denso calore che durante il giorno pare penetrare ogni spazio possibile. Una notte, viaggiando in macchina, abbiamo notato un incendio del bosco su una delle colline. Le fiamme grandi piano piano entravano nel buio della notte. Erano ben visibili anche dalla distanza di pochi chilometri, alla quale ci trovavamo noi. Le autoaccensioni delle foreste sono, a quanto si dice, un fenomeno abbastanza frequente d’estate.  Anche se, mentre ero ancora in Sicilia, ho pure sentito dire dei piromani che consapevolmente accendono il fuoco per radere i boschi ad una terra ormai focosa.




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